Sulla Mia Pelle

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L'emozionante racconto degli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi e della settimana che ha cambiato per sempre la vita della sua famiglia. Nei sette giorni che vanno dall'arresto alla morte, il ragazzo viene a contatto con 140 persone tra carabinieri, giudici, agenti di polizia penitenziaria, medici, infermieri. E in pochi, pochissimi, intuiscono il dramma che sta vivendo. Di tutta la vicenda, le polemiche, i processi, è l'ovvia ma allo stesso tempo penosa impossibilità di difendersi, di spiegarsi, da parte della vittima, ad aver toccato profondamente il regista, romano del 1973 già aiuto-regista per Ettore Scola e co-sceneggiatore per Saverio Costanzo: tutti possono parlare di lui, tranne lui. Il film è nato dal desiderio di strappare Stefano alla drammatica fissità delle terribili foto che tutti noi conosciamo, quelle che lo ritraggono morto sul lettino autoptico, e ridargli vita. Movimento. Parola. Il film è un modo di battersi, di opporsi alla più grande delle ingiustizie: il silenzio. Cremonini ha studiato diecimila pagine di verbale, cercando di capire le interpretazioni, di confrontare le dichiarazioni, spesso discordanti tra loro, dei testimoni e degli accusati. Il merito maggiore del film è di aver evitato ogni tipo di sensazionalismo, abbellimento o confezione accattivante: il racconto procede in modo essenziale, scarno, trascurando ogni particolare superfluo, non necessario. Grande la prova di Alessandro Borghi, che ha vinto un premio a Venezia. Di tutte le parole che negli anni sono state spese sul suo caso queste sono le più illuminanti: “Non è accettabile, da un punto di vista sociale e civile prima ancora che giuridico, che una persona muoia non per cause naturali mentre è affidata alla responsabilità degli organi dello Stato” (Giuseppe Pignatone, procuratore della Repubblica di Roma).

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